9 marzo 2025 – Anno C
Che cos’è la tentazione? Per noi rischia di essere una parola che sa di quaresima e ha il colore delle ceneri, che sembra uscita da un dizionario in disuso, anche se tutte le volte che preghiamo il Padre nostro noi diciamo “non ci abbandonare alla tentazione”. Ci siamo fatti della tentazione un’idea troppo superficiale: ci è stato detto che essa è opera del diavolo e che riguarda i beni e i piaceri della vita. Se questa è la nostra idea di tentazione, allora conviene correggere qualcosa nel nostro modo di vedere. Cominciamo a vedere la figura del tentatore. Nel vangelo che abbiamo ascoltato è Satana, il diavolo, ma non bisogna dimenticare che in altre pagine del Vangelo, la figura di Satana è fatta o dai discepoli, o dagli avversari di Gesù o dalla folla stessa, come avvenne sotto la croce. Questo vuol dire che ciascuno di noi corre il serio rischio di diventare tentatore e di sentirsi dire da Gesù “lungi da me, Satana!”. A volte rischiamo di essere tentatori di molte persone, ma prima ancora tentatori di Dio. Già il popolo di Israele, nel deserto, aveva messo alla prova Dio promettendo la propria fedeltà a patto che avvenissero certi miracoli: era un modo per ricattare Dio, per costringerlo a determinati comportamenti, a volerlo diverso da come si era rivelato. A distanza di secoli, sempre nel deserto, la storia si ripete: “se tu sei il Figlio di Dio…”. È satana a parlare, ma siamo anche noi. Che cosa chiediamo a Gesù? Che si dimostri Dio come noi pensiamo debba essere Dio: un Dio che non fa i miracoli che gli vengono richiesti, che non mostra i segni della sua potenza per farci vedere che c’è, che Dio sarebbe? Ci sono momenti in cui, davanti a certe tragedie che toccano popolazioni intere, ci sentiamo quasi obbligati a gridare al Signore: “Signore, non vedi quanti nel mondo soffrono la violenza, la fame, l’ingiustizia e sono innocenti? Cosa ti costa intervenire?”. Questo, di per se, non è ancora tentare Dio, ma una forma di preghiera umanamente comprensibile e legittima. La tentazione inizia quando noi mettiamo il se: nel Vangelo le tentazioni sono tre ma hanno in comune questa che è la parola più amata dal diavolo: il se condizionale. E quando ci capita di usarla stiamo attenti: può essere che in quel momento siamo diabolici. Il se infatti cancella la fiducia e, non accettando più l’altro per quello che è, lo conforma alla mia volontà, fino a ridurlo oggetto nostro. Questo secondizionale è il contrario dell’amore: il guaio è che noi lo usiamo spesso … ed è con questo se che tentiamo Dio. Dio ci dice: “Io esisto. Ti amo. Ti amo senza condizioni. Fossi anche il più cattivo dei credenti o il peggiore degli uomini su questa terra, continuerei ad amarti sempre”. Ma noi non ci accontentiamo di queste parole. Abbiamo bisogno di prove, vogliamo delle dimostrazioni, poniamo delle condizioni: “se tu esistessi … se tu mi amassi …”. Piuttosto che un Padre che ci ama noi vogliamo una onnipotenza al nostro servizio; e allora, mancando le prove che noi pretendiamo – prove che tra l’altro mancheranno sempre, vista la divaricazione tra il nostro modo di pensare e quello di Dio – il se diventa NO. La tentazione diventa negazione.
Ora abbiamo capito l’aspetto veramente diabolico della tentazione: essa è sempre contro la fede. Si capisce allora come, in assenza di fede, possono accamparsi nella nostra esistenza tutti gli idoli di questo mondo, in modo particolare quelli dell’avere, del successo e del potere richiamati dal Vangelo di oggi. È inevitabile: se non c’è fiducia e amore, a dare senso alla nostra vita saranno conquiste in termini di beni, carriera prestigio e sicurezze umane. Con risultati deludenti.
C’è una parola che non delude, quella a cui Gesù si appella per respingere Satana: “Sta scritto: solo al Signore tuo Dio ti prostrerai, lui solo adorerai”. Si, perché servire Dio non è consegnarsi a qualche idolo che inganna, ma all’amore che libera.
don Simone