II Domenica di Quaresima

16 marzo 2025 – Anno C

Se siamo stati ad ascoltare con attenzione, abbiamo potuto renderci conto come le letture di oggi ci parlino di fede: sembra un argomento “fuori moda”, ma invece ha sempre la sua attualità. Oggi giorno noi facciamo tanti atti di fede umana: crediamo al giornale e alla televisione, crediamo alle parole di un amico, crediamo alla pubblicità, crediamo a una diceria, ecc. Questi sono tutti atti di fede, perché presuppongono il credere a qualcosa. Ma ecco il fatto strano: siamo pronti a credere alla parole degli uomini, mentre ci è ancora tanto difficile credere alla Parola di Dio. Prendere coscienza di questo ci può allora aprire alla domanda: che cos’è la fede? La fede è un atto di fiducia in Dio, è abbandono e sicurezza nella sua Parola. Chi può garantire più di Dio la verità di una parola, di una promessa, di una notizia?

La storia di Abramo che abbiamo ascoltato nella prima lettura è una storia di fede, di fiducia. Abramo è un credente, colui che si lascia andare al progetto di Dio. La fede lo unisce in maniera talmente profonda al suo Dio fino a diventare alleanza, amicizia intima, patto sacro e inviolabile. E la sua fede sta nel fidarsi del progetto di Dio, anche oltre le apparenze del momento (lascia la terra;  si fida della promessa della discendenza, anche se la moglie è sterile; è pronto a sacrificare il suo unico figlio Isacco).

Anche il Vangelo ci parla di fede, questa volta in rapporto a Gesù: egli è l’oggetto della nostra fede. E in che modo? Egli viene nel nostro mondo a percorrere la via della pazienza, dell’umiltà, della povertà e del sacrificio. Accetta addirittura la persecuzione e annuncia agli Apostoli la passione: la strada che lo conduce a Gerusalemme richiede fede. Ma gli Apostoli ancora non sono pronti e rischiano di entrare in crisi (v. Pietro). Gesù allora li prepara allo scandalo della passione: un giorno chiama tre Apostoli e, nel silenzio del Tabor, improvvisamente fa brillare davanti ai loro occhi la sua gloria, la sua divinità nascosta. Cosa significa questo gesto inconsueto? Gesù vuole dire a loro – ma lo dice anche a noi oggi – : «State tranquilli, fidatevi di Dio. Sotto la terra il seme sembra morto invece porta già dentro di se lo splendore del fiore. Bisogna solo attendere la sua ora». Questo è fidarsi di Dio. Questo è abbandonarsi a lui. E per capire questo ci vuole fede. Cristo risorto è già una prova vivente della verità della sua Parola: e noi, in lui, ci sentiamo già dentro la primavera del mondo. Restano però delle zone d’ombra, attraverso le quali solo la fede ci permette di camminare, di vedere lontano la luce al di là del buio immediato.

Gli apostoli reagiscono alla trasfigurazione con la voce di Pietro: «Maestro è bello per noi stare qui: facciamo tre tende». In queste parole si cela il rifiuto di combattere, camminare e soffrire: il rifiuto di vivere. (vignetta di Mafalda “fermate il mondo, voglio scendere”) Pietro vuole fermarsi: egli pensa di onorare Dio facendogli una tenda o lasciandogli uno spazio riservato. Ma Dio non si onora così. Dio si onora con la vita, con tutta la vita. Per questo occorre scendere a valle: Dio si ama camminando nella fatica, lavorando nel quotidiano, soffrendo e morendo se necessario. Ecco infatti le parole conclusive della trasfigurazione: «Questi è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo!». Cioè: fatevi condurre da lui, seguitelo fino al Calvario, abbiate fede  per risorgere con lui nella gloria della Pasqua.

don Simone